PROLOGO: Upper East Side,
Manhattan
“Buona sera. Sono il Diavolo.”
E così dicendo, mostrando un sorriso gioioso, l’uomo in maniche di camicia e
blue jeans tese una mano perfettamente curata.
I tre ragazzi che lo fissavano
a bocca aperta non risposero. Rimasero dov’erano, in ginocchio intorno al
pentacolo tracciato col sangue, i vertici della stella delimitati da
altrettante candele di sego nero.
L’uomo sospirò. Si ravviò una
ciocca dei capelli castani, anche quelli così bene acconciati da sembrare
usciti dritti da una fotografia di moda. Fece un passo fuori dal pentacolo, si
avvicinò all’unica ragazza del gruppo, si chinò
e le afferrò gentilmente una mano. Lei sobbalzò, ma la sola cosa che
successe fu di dovere subire una vigorosa stretta di saluto. Poi l’uomo andò a
ripetere il gesto con gli altri due. “Piacere. Il Diavolo. Con la ‘D’
maiuscola, mi raccomando eh?” “Molto lieto di incontrarvi. Ricordatelo, il
Diavolo.” Quindi si guardò intorno e scosse la testa in disapprovazione, schioccando
la lingua. “Tsk, proprio non ci siamo ragazzi,” sospirò di nuovo. “Pareti nude,
e quelle quattro candele comprate in un negozietto esoterico? Già che
c’eravate, potevate organizzare tutto in una cantina, almeno ci saremmo fatti
un cicchetto in allegria. Ma vabbe'!” sbatté le mani una volta, e questo sembrò
scuotere i ragazzi dalla trance. Il Diavolo si strofinò le mani, e se possibile
quel sorriso felice si accentuò ulteriormente. “Allora, siamo qui per fare un
affare, giusto? Per cosa siete pronti a vendere le vostre anime?”
MARVELIT presenta
MARVELIT SPOTLIGHT
Mefisto - Attento a quel che chiedi…
Di Valerio Pastore (victorsalisgrave@yahoo.it)
“Buh-buh…” non furono proprio
memorabili le prime parole di Marvin Locks.
Del resto, cosa potevano dire? Anche ora, dopo essere usciti dalla stanza ed
essersi accomodati nel salotto dell’appartamento della loro comune amica, Alice Carver, non erano ancora sicuri di
cosa stesse succedendo. Insomma, avevano seguito alla lettera le indicazioni
del testo sulle messe sataniche, si aspettavano…
“Qualcun altro, vero?” fece il
‘Diavolo’, mentre si serviva un brandy. Ne bevve un sorso. “Hmm, la parte
migliore di queste visite. Insieme ad un buon sigaro, alla morte ed
all’agonia.” Si sedette sull’unica poltrona, dove gli altri stavano su un
divano. Il Diavolo diede una pacca al bracciolo. “Potevate anche evocarmi qui,
sapete? Come bonus, avrei fatto io le pulizie. E non guardatemi così, su,”
agitò un dito ammonitore. “Avreste davvero
preferito vedermi con la coda, il forcone, la pelle rossa e la puzza di zolfo?”
Arricciò il naso. “Che cosa avrebbero detto i vicini, poi? E in più, certi
odori non vanno proprio via!” Posò il bicchiere sul tavolino. “Ma scusatemi,
tendo ad essere così ciarliero certe volte. Qual è il vostro desiderio?”
“Desiderio?” fece Edward Foster, deglutendo.
“Hmm, sì. Desiderio. Sapete,
il favore che mi si chiede, quando mi si evoca? Insomma, avete bussato alla mia
porta, fatto quel pessimo coro latino per poi finire con” ed enfatizzò con un
timbro basso “‘Noi ti evochiamo, o principe delle tenebre!’ eccetera eccetera.”
Mostrò un’espressione perplessa che sembrava sfottoria su quel volto allegro. “Credo
proprio che alcuni miei subalterni si divertano a sentire quei rituali. Ma in
fondo, come potrei punirli peggio di così?” Tornò ad accigliarsi, questa volta
fissando i tre ragazzi con sospetto. “Insomma, mica mi avete chiamato tanto per
vedere se funziona, no? Divento un po’ irritabile quando mi disturbano per
nulla.” Il volto perse per un attimo ogni traccia di allegria. I suoi occhi
brillarono di un’intensa luce gialla, ma sarebbe bastato quell’improvviso
cambio di umore per mettere un serio cardiopalma al terzetto.
Il Diavolo rise. “Ah, su
ragazzi, non si può neanche scherzare? Come se non sapessi che stavate facendo sul serio! Insomma, ho già un bel file
su di voi, sapete?” Tese una mano verso il telecomando, e questi schizzò verso
di lui come una spada Jedi. Lo puntò verso il grosso televisore al plasma
appeso alla parete. Fece una strizzatina d’occhio ai suoi anfitrioni. “Come adoro questa vostra invenzione. Avrei
dovuto farla io, altrimenti.” Accese l’apparecchio, e sullo schermo la vita dei
ragazzi prese a scorrere come se fosse stata ripresa da una vecchia telecamera
a manovella, con immagini sgranate in bianco e nero di un film muto.
“Marvin, orgoglioso figlio di
Harlem, studente e spacciatore, ex membro dei Black Mambas, solo sei mesi in
correzione minorile per avere dato piena collaborazione alle forze dell’ordine.
Tornato sui banchi, sei sempre stato uno studente modello ed ora hai davanti a
te la prospettiva di una bella laurea in scienza dell’informazione.” Il Diavolo
lo guardò con ammirazione. “Ohh, abbiamo un futuro plasmatore di politici, qui
eh?” Poi toccò alla ragazza. “Alice, che bel pezzo di figliola della borghesia!
Con i tempi che corrono, sei davvero nata con la camicia, non ti è mancato
niente, e hai sempre avuto un tritarifiuti per i biglietti ‘Imprevisti’. Buona
istruzione, ottimi voti, punti alla laurea in economia… Tsk, avrei scelto
qualcosa di meno inflazionato, ma essendo il tuo paparino il direttore della
Mutual Care Trust, almeno avrai dove fare gavetta invece di finire in un call
center. A proposito, i tuoi si mettono le corna da un bel pezzo e se non hanno
ancora divorziato è perché i loro avvocati stanno duellando all’arma bianca per
la spartizione dei beni. Te ne saresti accorta se la smettessi di farti di anfe
per studiare e di sballarti per scopare come un riccio ad ogni rave a cui
partecipi. Fa male alla salute tua ed a quella di chi hai investito un paio di
volte tornando a casa. E sì, sono morti entrambi dopo una lunga e deliziosa
agonia.
“E ora veniamo a te, Eddie
Edduccio-uccio! Hmm, tu sei quello che mi piace di più, sì!
Mister-Capitan-America, idolo delle folle, quello che paga sempre la birra
quando la propria squadra vince e la offre anche agli avversari in cavalleresca
magnanimità. Volontario al pronto soccorso, futuro chirurgo e golfista, ambisci
ad avere Tiger Woods come paziente. Ma che difetti avrà mai questo bravo
ragazzo?” mostrò questa volta un’espressione volpina ad Edward. “Ahi ahi ahi,
ecco dov’è la tua virtù migliore: sei un razzista! In un modo o nell’altro, sei
riuscito ad evitare il 60% dei pazienti di colore ed immigrati che volevano
affibbiarti, wow! In questa città, è come riuscire ad essere un broker onesto.
Il 30% erano clandestini e li hai denunciati prima di essere costretto a
mettere loro addosso un solo cerotto. Il 10% ha ricevuto il minimo sindacale e
giusto un ‘buongiorno’. E ti sei sempre fatto due docce a fine turno, neanche
ti avessero stuprato. Di’ la verità, non vedi l’ora di avere il tuo studio
privato per mandarli tutti al diavolo quegli sporchi negracci, eh?”
Il Diavolo spense la
televisione. “Intendiamoci, siete un bel branco di borderline dal mio punto di
vista. Avete tante belle potenzialità, ma esitate ancora ad esprimerle.” Si
chinò in avanti, con fare cospiratorio. “Detto per inteso, avrei preferito che
non mi chiamaste, ma almeno così,” tornò a rilassarsi. Altro sorso di brandy. “Davvero
ottimo, l’avevo già detto? Ma cosa stavo dicendo, ah sì: chiamandomi stasera ci
siamo risparmiati tutti un sacco di inutili lungaggini e ripensamenti. Io vi
esaudirò il vostro bravo desiderio, e in cambio garantite con le vostre anime.”
Applaudì freneticamente. “Orsù, al lavoro!”
“Uh, non erano tre desideri?” chiese Edward.
“Mi hai preso per un genio
della lampada, ragazzino? Vi va di lusso a voi amatori che non vi abbia
divorato in un boccone!” saltava da quello stato di gelida ira e di nuovo a
quell’allegria quasi infantile in modo assolutamente imprevedibile. “Io di
solito non sono così disponibile, dovreste apprezzarlo. Allora, questo
desiderio?”
Fu a quel punto che finalmente
Marvin diede voce ai suoi dubbi. “Che cosa?
Ma tu chi cavolo credi di essere!?”
Saltò in piedi, coprì in due passi la distanza fra lui e la figura in poltrona.
Afferrò il Diavolo per il bavero e quasi si mise a scollarlo. “Tu non sei il Diavolo, sei un qualche
stramaledetto mutante che si sta
prendendo gioco di noi! Noi vogliamo cambiare le nostre vite del &%£$ e
invece arrivi tu a fare lo spiritoso?!? Ma io ti*erk!*” si ritrovò una mano
serrata intorno alla gola.
Il Diavolo sorrideva ancora. E
stavolta era come guardare nel ghigno della Morte in persona. “Non credo di
avervi detto che ho scarsa tolleranza per l’insolenza.” Mollò di colpo la presa,
e spinse via Marvin, che andò a cadere come un sacco, pallidissimo, il respiro
rotto da rantoli.
Il Diavolo si alzò in piedi.
“Sentite, capisco la tua perplessità, perciò voglio essere magnanimo, anche
perché sennò tiriamo tutta la notte, ed è passato parecchio tempo da quando sprecai delle ore per dimostrare ad un
evocatore scettico la verità su di me. Per cui, ti concederò un desiderio
bonus, assolutamente gratis e senza pegno di anime, zero via zero.” Si chinò su
Marvin. “Ti piacerebbe avere la prova che non mento?”
Marvin sostenne lo sguardo.
“Sì, la voglio.”
Un attimo dopo, intorno a lui
c’erano le tenebre. Nere, assolute.
Marvin non avvertiva neppure il battito del proprio cuore, ne’ il suono del
proprio respiro. Sapeva di stare respirando, ma allo stesso tempo era come se
l’aria non ci fosse, spingendolo a respirare con forza crescente. Si sentiva
allo stesso tempo in piedi su qualcosa e avvertiva la mancanza di una superficie,
come un’interminabile caduta libera. Il buio era così assoluto che gli feriva
gli occhi, gli annebbiava i pensieri…
“Questo è un aspetto
dell’Inferno,” disse la voce familiare, e lui cercò invano di trovarne la
fonte. Arrivava contemporaneamente ai suoi occhi e alla sua mente. “L’assenza
di ciò che è più sacro a Dio e ad un essere umano: l’esistenza stessa.
Un’eternità spesa in questo oblio, soli con sé stessi in un modo che neanche si
può immaginare. A che serve il dolore, il tormento, quando in questo oceano di
solitudine io sono la vostra sola
luce, la vostra sola speranza di parlare a qualcuno? Allora, pensi ancora che
sia un bluff?”
Marvin non rispose. Le sole
parole che uscirono dalla sua bocca erano ormai monosillabi balbettati da una
bocca schiumante. Quello che rimaneva della sua mente era chiuso in un corpo
tremante, raggomitolato in posizione fetale, lo sguardo fisso nel vuoto. Edward
e Alice si chinarono sul loro amico, ma per quanto provassero non riuscivano a
toglierlo da quello stato di choc.
“Fa questo effetto, non vi
preoccupate,” disse il Diavolo. “E ora pensiamo alle cose serie: il vostro
desiderio, o mi prenderò comunque le vostre anime. Vi do un’ora per pensarci,
ma visto che mi siete simpatici, vi anticipo subito una cosa: scegliete con molta attenzione.”
“Intendi forse imbrogliarci?”
chiese Alice.
“Ma per niente! Nonostante mi
chiamino il Principe delle Menzogne, è una definizione alquanto inesatta.
Principe degli inganni, ecco è
decisamente più adatto.”
“E che differenza ci sarebbe?”
“Ragazzina, la menzogna è
l’antitesi della verità. Ogni promessa fatta da un bugiardo non avrebbe
implicitamente valore, e così qualunque patto stringeste con me in cambio di un
desiderio sarebbe rotto nell’istante in cui fosse sottoscritto. E io odio sprecare tempo. Invece, io sono
assolutamente libero di…diciamo, interpretare
il vostro desiderio a mio piacimento. Magari non succederà nulla, voi sarete
felici e contenti fino al momento del conto, oppure vi farò subito scoprire nei
modi più creativi il rovescio della medaglia. In confidenza, è il metodo che
preferisco. Non saranno le migliori PR, lo so, ma è spassoso!”
“Ma perché ce lo stai
dicendo?” chiese Edward. “Insomma, non dovresti incoraggiarci a fare questo desiderio?”
Il Diavolo fece spallucce. “Mi
piace incasinare i miei fan, che vuoi che ti dica? E poi lo ripeto: se entro
un’ora non mi dite perché mi avete disturbato, siete belli che miei e per
giunta per niente.” Nella sua mano comparve dal nulla un depliant. Si mise a
sfogliarlo rapidamente. “Vediamo, vediamo… Allora, posso offrirvi il pacchetto
‘ricchi per sempre’. Vi reincarnerei in un signore della droga in guerra con
mezzo mondo, oppure potreste finire fra le grinfie dell’IRS e trovarvi spolpati
come pomodori, o ancora potrei fare in modo –ed è la mia clausola preferita-
che ogni vostro centesimo sia frutto di sofferenze inenarrabili nel terzo
mondo. Mette alla prova il vero cinismo del desiderando oppure lo condanna a
pentirsi inutilmente della propria scelta, non dopo essersi liberato dei suoi
averi. Hmm, ci sarebbe poi il pacchetto ‘giovani e belli’. Cento, duecento,
mille e più anni senza una ruga a preoccuparvi… Ma a volte ci metto anche un
bel raffreddorino o un virus a scelta. E tutto quel tempo lo sprechereste a cercare
di chiedermi di annullare il contratto. Mi piace
farmi lasciare messaggi sulla segreteria telefonica!
“Per te, Edward, potrei darmi
da fare ed esaudire il tuo desiderio inconfessabile che tutti i negri ed i mangiatortillas
spariscano dalla faccia della terra. Dimmi, come
lo preferiresti? Guerra termonucleare? O uno stato meno drastico ma che
durerebbe un bel mille anni di sangue? O una bella epidemia che magari potrebbe
mutare e colpire anche a Beverly Hills?” chiocciò, e questa volta quella sua
orribile allegria scese direttamente nelle vene dei due ragazzi come un bagno
di ghiaccio. Gli occhi del diavolo divennero due pozze di fuoco. “Sapete, c’è una ragione per cui certi desideri
rimangono inespressi. Ogni tanto rispondo personalmente a queste chiamate
proprio per vedere se voi miseri ammassi di carne le avete abbastanza grosse
per andare fino in fondo.” Poi tornò nuovamente il giovialone di prima. “Ma a
giudicare da quello che vedo, mi sa che ancora una volta eserciterete il vostro
vantato libero arbitrio per restare più sul personale. Obbe’, uno ci prova.”
“Se tu esisti,” disse
Alice,”allora esiste Dio. E la nostra anima, in ultima analisi, appartiene a
noi. Non l’avresti vinta, se ci pentissimo sinceramente dei nostri peccati.”
Il Diavolo schioccò le dita.
“Ah! Quella scappatoia, dici?
Mettiamola così dolcezza: se Hitler o Stalin si fossero sinceramente pentiti
dei loro peccati, sarebbero a cantare con l’arpa? Oddio, certo voi non siete e
non sareste minimamente alla loro altezza, senza offesa, ma vedete…” puntò un
dito verso l’alto. “Ai piani alti non sono così
aperti di mente, io lo so: ho lavorato
lì per un bel pezzo. Pentitevi, e i vostri peccati saranno mondati,” fece con
voce solenne, poi, “ma la verità è che le vostre anime saranno comunque belle
che mie. Succede quando si affida la propria vita non a sé stessi, ma a me. Vedete, fin quando conducete la
vostra brava vita di peccatori, lo fate comunque come dei bambini che giocano
con il fuoco o rotolano per terra e si sbucciano. Il papà lenirà i vostri
dolori, il tempo guarirà le ferite, e capendo i vostri sbagli potrete chiedere
scusa ed essere perdonati. Il figliol prodigo sì che era uno stronzo, e vedi
come è finita.
“Fare un patto con me significa uccidere i vostri genitori,
bruciare la casa dove abitate, e ammazzare il cane. E’ una linea che non
conduce al perdono ma alla dannazione. Semplice, no? Neppure immolarvi in nome
di una buona azione vi restituirebbe quello che voi stessi avreste distrutto di
vostra libera volontà.”
“Ma noi adesso non
eserciteremmo la nostra libera volontà!” esclamò Edward. “Ci stai costringendo ad esprimere un desiderio!
Che libera volontà è, se ci metti la penna in mano e ce la premi sul foglio?”
Il Diavolo sembrò pensarci su,
accarezzandosi il mento. “Hmm-hm, lo considererei anche un argomento valido,
tuttavia…” Si batté la mano sulla fronte. “Scemo che sono a dimenticarmene io
stesso! Vedete, figlioli, io vi ho detto che alla fine del tempo concesso mi prenderò le vostre anime, non che ve le
strapperò dal corpo o roba simile.” Abbracciò la stanza con un gesto circolare
del braccio. “Sapete quante cose possono succedere in un appartamento? Incendi,
fughe di CO2, l’irruzione di un serial killer, un mimo che bussa alla porta…
Pensate! Di punto in bianco, vi trovate in una situazione nella quale la vostra
sola scelta sarebbe di chiedere il mio aiuto o di fare una brutta fine. Tsk
tsk, ma davvero sprechereste l’occasione di una vita per giocare a fare i
martiri? Alla vostra età? Sennò
perché mi avete evocato?”
Alla fine, la creatura aveva
ragione, pensarono i due ragazzi guardandosi negli occhi. Guardarono poi il
povero Marvin che ancora era ridotto al guscio di sé stesso. E dire che l’idea
non era stata neanche sua, ma di Alice, e lui per lei stravedeva al punto che
sarebbe andato direttamente all’inferno per prenderle il fuoco a mani nude se
glielo avesse chiesto…
L’idea era nata più come un
gioco. Vero, il loro era un futuro promettente, ma il futuro era ancora lontano
e c’erano desideri che un buon lavoro non avrebbe soddisfatto –non senza
correre il rischio concreto di finire in galera a vita. No, loro volevano
qualcosa di importante, di valore, subito! E Alice, che aveva la passione per
l’esoterismo, aveva lanciato la proposta dell’evocazione.
A loro scusa, erano ubriachi
fradici quando l’idea era maturata, ed avevano bevuto un paio di bicchieri
prima di preparare la stanza delle evocazioni (dio, l’avevano chiamata davvero
a quel modo!?).
Ora, però, erano sobri, e
sapevano di avere messo in moto un meccanismo da cui non potevano sfuggire. Ora
i loro ‘desideri’ sembravano una cosa così ridicola e frivola. Si erano messi
in mano una bomba innescata, quindi la domanda finale era: chi doveva farsi
male col botto?
Edward tornò a guardare
Marvin: l’’amico comodo’, il vero genio dietro i suoi ottimi voti. Marvin,
traumatizzato dalle sue esperienze ed errori, che aveva imparato a volare basso
quando avrebbe già potuto terminare il corso con successo. Un ragazzotto
manipolabile, povero Marvin che non aveva mai capito chi fosse davvero il suo
amico snob…
Ma ora Edward non si sentiva
più così superiore verso Marvin. Aveva capito cosa lo aspettava, e all’Inferno
sarebbe stato uguale agli altri, dannato per l’eternità… “Simon.” Il nome gli
venne in mente all’improvviso, le sue labbra lo pronunciarono in un sussurro.
“Scusami?” ora il Diavolo
sembrava davvero interessato. Indicò Marvin con la testa. “Il suo fratellino,
giusto?”
Edward annuì. Simon, nato da
un secondo matrimonio, afflitto da sindrome di Down. I suoi genitori si erano svenati
per assisterlo. Aveva solo cinque anni, e…
Sentì le mani del Diavolo
sulle proprie spalle. Mani così fredde da bruciargli le carni attraverso i
vestiti. “Se stiamo pensando la stessa cosa, lo sai che non ti salverà
comunque, vero?” Le parole furono bisbigliate alle sue orecchie come un soffio
del blizzard.
In qualche modo, Edward trovò
la forza di sorridere e fissarlo in quegli occhi antichi e crudeli. “Almeno ti
avrò tolto il gusto di tormentare degli innocenti, hm?
Il Diavolo lo lasciò andare.
“Vero. Ma è anche lavoro in meno, quindi mi va bene lo stesso. Coraggio, ora,
bamboccio: esprimi il tuo desiderio così*ouch!*” Se non fosse stato per la
situazione in cui ci si trovava, sarebbe stato comico osservare lo stupore del
Diavolo, quando questi sentì qualcosa conficcarglisi nella schiena! Poi
l’essere voltò la testa, la ruotò completamente fino a vedere dove era stato
colpito. Più che arrabbiato, sembrava perplesso. “Un crocifisso!?” Poi guardò verso Alice. La ragazza aveva gli occhi
sgranati, era pallidissima: non ci credeva di averci appena provato per
davvero..!
Il crocefisso dorato, dono
della devota nonna alla sua sola nipotina, iniziò a brillare come se fosse
stato messo in una fornace, poi si sciolse in una pozza rovente sul pavimento,
dove si estinse fra qualche piccola lingua di fuoco.
Il Diavolo si avvicinò ad
Alice. Torreggiava su di lei, adesso. La sua ombra era una mostruosità deforme,
e la sua voce sembrava uscita da una tomba. E quel suo ghigno era pieno di
zanne. “Non so se divertirmi o essere ancora più offeso da questa nuova
insolenza, puttana! Non lo sapevi che ogni oggetto sacro è potente solo se lo è
la fede di chi lo usa? Persino
l’acqua santa è solo uno sputo se benedetta da un prete pedofilo! Riflettici,
mentre pensi al tuo desiderio.” Fece un solo gesto, e si udì uno spaventoso
suono di ossa spezzate! Il corpo di lei si agitò in modo innaturale, mentre una
forza invisibile le stritolava una buona porzione dello scheletro. Il suo urlo
di dolore si ridusse ad un misero verso strozzato. Tale era il dolore, che solo
riuscire a stare cosciente era uno sforzo sovrumano…
“Alice!” Edward fece per correre da lei, ma fu trattenuto per una
spalla. Il Diavolo era tornato ad essere l’uomo gioviale di prima. “Non così in
fretta, figliolo. Eri pronto ad esprimere un desiderio, se ricordi.”
“Grandissimo figlio di…”
Edward gli mollò un pugno, col solo risultato di ustionarsi le nocche. Lanciò un urlo di dolore, mentre il Diavolo
rideva.
“Ahh, odio! Puro nettare
balsamico, amico mio. Se avessimo tutta la notte per noi, troverei tanti bei
modi di stuzzicarlo fino a livelli che neppure puoi immaginare… Ma ormai siamo
vicini alla scadenza. Marvin mi sa che non potrà esprimere molto, a meno che
non voglia desiderare di stare meglio…per quello che varrebbe…” al suo sguardo,
Marvin rispose chiudendosi ancor più a riccio. “Perciò ora hai ben due scelte, Eddie bello: aiutare il
piccolo Simon perché almeno il sacrificio di Marvin non sia invano, o aiutare
la tua amichetta, sapendo che dopo dovrà esprimere il suo desiderio a sua
volta. Allora?”
Edward quasi si morse il
labbro a sangue. Cristo, amava Alice!
Anche se lei non era davvero il tipo da relazioni sentimentali, era la sola a
trattarlo con un po’ più di rispetto, laddove gli altri ragazzi (e ragazze)
erano solo ‘usa-e-getta’. Ma quel mostro aveva ragione: tutti loro erano
spacciati in un modo o nell’altro. Che almeno da quel casino venisse del bene…
“Io desidero,” disse finalmente, fissandolo negli occhi, senza più paura, senza
tremare. “Io desidero che Simon e Marvin Locks siano guariti da ogni loro male
fisico e mentale e che Marvin dimentichi di averti mai incontrato.”
“Sono due desideri, giovanotto.”
“Se Marvin non è in grado di
esprimere il suo, allora ho il diritto di averne uno extra. Giusto?”
Il Diavolo si fregò le mani.
“Massì, facciamo così. Mi piace, è creativo!” indicò l’agonizzante Alice con
gli occhi. “Ehi, liberala tu dal suo
dolore, e fai tombola: un bel terzo desiderio tutto per te. E poi non dirmi che
non ti vengo incontro.”
Edward si staccò a fatica da
quegli occhi ipnotici. Incontrò lo sguardo di Alice. In qualche modo, lei
riusciva a restare cosciente, con il respiro che usciva in singulti come una
mitragliatrice.
Ma gli occhi di lei non
parlavano di sconfitta. Non imploravano pietà. Non mostravano paura.
Ed Edward seppe cosa
rispondere. “Limitati a prendere la mia anima ora, se tanto ci tieni.” E gli
sputò in faccia. La saliva sfrigolò sulla pelle del Diavolo.
Il mostro levò una mano. “Il
tuo desiderio è un ordine, ragazzo!” E la affondò
nelle carni del torace come nel burro, anche se non una goccia di sangue
schizzò. Edward Foster urlò, e urlò, mentre quella preziosa, insostituibile
parte di lui veniva estratta a viva forza.
Quando la sua anima, brillante
gemma vorticante di mille colori, fu estratta, il corpo inerte cadde a terra,
gli occhi spalancati. Il Diavolo si accosciò accanto a lui. “Pensavi che
saresti morto, vero? Nah, non funziona così. Senza questa parte di te, rimani
sano e bello, solo un po’ meno…umano. Non ti preoccupare, comunque.” Gli diede
un paio di pacche sul petto. “Passato il trauma, sono sicuro che saprai
rendermi orgoglioso. E ora…” si rimise in piedi per poi sedersi in poltrona, di
fronte ad Alice.
“Alice, mia cara Alice,
finalmente possiamo parlare a quattr’occhi. E il fatto che tu ancora riesca a
restare cosciente dimostra quanto tu in realtà sia forte. E volevi sprecare
simili potenzialità per…” si grattò pensosamente il mento “Cos’era? Ah, sì,
fare venire il cancro a tutti i ragazzi che ti eri fatta, escluso Eddie. Tutto
questo astio sprecato in un desiderio infantile e perché? Perché un povero
coglione impasticcato ha mescolato il suo DNA marcio al tuo DNA marcio
mettendoti incinta di un aborto vivente? Oh, naturalmente non era stata colpa
tua, si capisce: un classico, no? Ti va bene ad ogni estrazione, quindi se una
volta va male è colpa di qualcun altro. Tu sei sempre stata brava a schivare le
colpe, vero?” Si chinò in avanti, piegandosi innaturalmente con un suono osceno
e bagnato. “Il mondo fa troppo schifo per guardarlo negli occhi, così schifo
che persino fare un patto con me diventa accettabile. Partendo dal sacrificio
di questi cosiddetti ‘amici’: tre perdenti che però si fidavano di te, che
credevano di conoscerti…” la sua bocca tornò ad essere la zannuta e grottesca maschera
di prima. Una lingua lunga, appuntita e bavosa le leccò la guancia. “Ma tu non
conoscevi te stessa a sufficienza, e hai finito con l’apprezzare che qualcuno
ti volesse bene, che pensasse che in fondo non sei del tutto una tossica squilibrata.
Così, meglio uccidere quel piccolo spacciatore che ti faceva il filo. In fondo
ti eri concessa a lui per qualche pillolina, tanto valeva che lui ripagasse con
il suo sangue. E sì, hai fatto bene a dire ai tuoi amici che eri stata dal
macellaio.
“Ma scusami, tu soffri e io
sto qui a sprecare il tuo preziosissimo tempo! Quindi, non essere timida mia
cara: cosa posso fare per te?” Appoggiò l’orecchio alle labbra di lei.
Qualunque cosa Alice riuscì a
sussurrare con le sue ultime forze strappò un sospiro di gioia dal mostro. Il
Diavolo tornò per l’ultima volta alla sua forma umana. “E sia, Alice Carver!
Avrai quello che chiedi! In fondo, ne sono soddisfatto: sei la terza mortale che si concede a me per lo
scopo che ti proponi, e come a coloro che ti precedettero, ti dico che se vorrai
vivere una vita normale, dovrai uccidere, versare il sangue dei colpevoli le
cui anime saranno mie. Risparmiali, e il dolore tornerà a perseguitarti. La
magia sarà il tuo solo limite alla mortalità, ma se vorrai usare il potere che
ti darò dovrai attendere il calare delle tenebre, non un minuto prima, non un
minuto dopo. Con il Sole, sarai una fragile mortale. Spero di essere stato chiaro. E ora, l’ultima
formalità.” Allungò una mano verso di lei, mentre un’unghia cresceva come una
lama. Un colpo secco, e il vestito fu lacerato. “Cerca di rimanere sveglia e
viva ancora per un attimo, devo solo…” passò la punta dell’unghia sulla schiena
nuda, tracciando con il sangue una sorta di runa contornata da linee morbide.
Quando ebbe finito, il simbolo per un attimo brillò intensamente, poi
scomparve, senza lasciare traccia.
E insieme alla runa, era
scomparso anche il dolore. Alice si sentì disorientata da quell’improvvisa
transizione, per alcuni secondi rimase dov’era, troppo spaventata per muovere
un solo muscolo.
Il Diavolo si alzò in piedi.
“Tranquilla, ragazza mia. Starai benone, se da domani comincerai a fare il tuo
lavoro. Ricorda, appena tramonta il sole.” Si avvicinò a Marvin. “Ora devo
accompagnare a casa questo giovanotto, ha una bella sorpresa che lo aspetta.
Peccato che non saprà mai chi ringraziare, eh?” le fece l’occhiolino e levò il
pollice.
Il tempo di sbattere gli
occhi, e Alice si ritrovò sola in casa. Sola con Edward, che continuava a
sembrare un freddo manichino, senza espressione, senza niente altro che carne e
sangue. Ed una mente che non avrebbe mai più conosciuto alcuna emozione, alcuna
compassione…
Per quanto ora stesse bene,
Alice non riusciva ancora a superare la sensazione di avere il corpo ridotto in
mille pezzi. Ansimando, si mise sdraiata contro la poltrona. Dio, era puzza di
zolfo quella che sentiva..? “Oh, Eddie…”
Lui non rispose.
Doveva sentirsi responsabile
per lui, adesso?
Lentamente, la sua mente stava
cominciando a realizzare.
Se non era stata una lunga e
terribile allucinazione, cosa aveva fatto?
E soprattutto, come avrebbe
potuto uscirne?
Alice Carver finalmente
pianse, pianse a lungo e dentro di lei il Diavolo rideva…